Uscita del socio da S.r.l. - Recesso

Il primo comma dell’articolo 2473 c.c. afferma che:

“L’atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità. In ogni caso il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione al trasferimento della sede all’estero alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo e al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’articolo 2468, quarto comma. Restano salve le disposizioni in materia di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento”.

Dopo la riforma ad opera del decreto legislativo n. 6/2003 il legislatore ha ampliato le ipotesi di recesso del socio dalla società a responsabilità limitata garantendo una maggior tutela dei soci di minoranza la cui partecipazione trova minor soddisfazione nel mercato delle quote.

Il diritto di recesso è un atto unilaterale la cui facoltà di esercizio è riconosciuta in via generale dalla legge all’art. 1372 c.c. La norma ne differenzia la disciplina a seconda del tipo di contratto, ovvero ad esecuzione istantanea o ad esecuzione continuata o periodica. Così è avvenuto anche per il diritto di recesso dei soci nelle S.r.l., in generale, la legge riconosce sempre il diritto di recesso nel diritto societario sebbene talvolta lo faccia con alcuni limiti.

Lo scopo del diritto di recesso, si rammenta, è quello di consentire lo scioglimento del vincolo sociale con riguardo alla posizione di un socio sia qualora la società sia contratta a tempo determinato ovvero a maggior ragione quando è contratta a tempo indeterminato.

Le cause di recesso dei soci nelle S.r.l. possono trovare la propria disciplina:

  • nello statuto;
  • nella legge e in maniera inderogabile.

L’art. 2473, primo comma, c.c.. dopo aver previsto quelle statutarie, elenca una serie di cause inderogabili. Ulteriori cause sono contenute in altre norme del codice civile ovvero nel decreto legislativo n. 5/2003, recante disposizioni su procedimenti in materia di diritto societario ed altre materie.

Le cause di recesso previste nello statuto

Con riguardo alle prime, la norma stabilisce che “L’atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità”. Il legislatore dunque lascia ai soci la possibilità di pattuire quali possano essere le cause di recesso mediante l’inserimento di clausole nello statuto.

La durata della società può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel primo caso bisogna vedere se la data di scadenza della società è assimilabile ad una durata a tempo indeterminato. Si è espressa sulla questione la Cassazione nel 2019, il 29 marzo, con ordinanza n. 8962 affermando che il solo fatto che la durata della società superi l’aspettativa di vita del socio non giustifica il suo recesso ad nutum dalla società, in quanto la durata così determinata non è automaticamente equiparabile ad una durata a tempo indeterminato e non significa che sia una durata sufficiente al compimento del progetto imprenditoriale. Nel secondo caso è la stessa legge che prevede il recesso ad nutum.

Le cause legali di recesso invece sono principalmente previste al primo comma dell’art. 2473 c.c. e riguardano il socio che non ha consentito, perché assente, contrario, astenuto o privo del diritto di voto, a:

  • modificare l’oggetto sociale, se la modifica comporta un cambiamento significativo dell’attività svolta dalla società. A specificare la norma di legge sulla modifica dell’oggetto sociale è intervenuto il Comitato triveneto dei Notai;
  • modificare il tipo di società ovvero ad effettuare una fusione o una scissione. Diversamente dalle S.p.a., nelle S.r.l. la fusione e la scissione sono due cause autonome di recesso;
  • revocare lo stato di liquidazione;
  • trasferire la sede all’estero;
  • eliminare una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo;
  • compiere una serie di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo;
  • compiere operazioni che comportino una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’articolo 2468, quarto comma, c.c. È fatto salvo il caso in cui in tale ultima norma citata sia prevista la possibilità di modificare a maggioranza determinati diritti.

Un’ulteriore causa di recesso prevista dall’art. 2473 c.c. è quella contenuta nel secondo comma. Questo prevede il recesso ad nutum del socio nelle società contratte a tempo indeterminato con l’obbligo di dare un preavviso di almeno 180 giorni salvo lo statuto non stabilisca una durata maggiore non superiore ai 365 giorni.

Altre cause previste nel codice civile e in leggi speciali

Sempre all’interno del codice civile si possono individuare altre disposizioni che contengono cause di recesso del socio dalla S.r.l. Si tratta in particolare di:

  • l’art. 2469 c.c., secondo comma, che prevede il diritto di recesso del socio l’atto costitutivo della cui società “preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte”;
  • l’art. 2481-bis, primo comma, c.c. secondo il quale i soci esclusi dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale tramite offerta di quote di nuova emissione a terzi possono esercitare il diritto di recesso;
  • l’art. 2497-quater quando la società a responsabilità limitata è soggetta ad attività di direzione e coordinamento.

Infine, un’ultima ipotesi di recesso è prevista nel D.lgs n. 5/2003 all’articolo 34, il quale stabilisce al comma sesto che “Le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso”.

I soci possono pattuire dei termini di esercizio del diritto di recesso ovvero le modalità con cui esercitarlo nell’atto costitutivo poiché la legge non si esprime in merito. In mancanza di una clausola dell’atto costitutivo che si esprima in tal senso la dottrina più autorevole, la giurisprudenza nonché il Comitato Triveneto dei notai sono d’accordo nel ritenersi applicabile, per analogia, la disciplina dei termini e delle modalità di recesso previste per le società per azioni.

Si applica pertanto quanto previsto dall’articolo 2437-bis c.c. che recita “Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro quindici giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l’indicazione delle generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio”.

Il recesso è un atto unilaterale recettizio. Ciò significa che produce i suoi effetti dal momento in cui viene ricevuto dalla società salvo non sia stata revocata la delibera che lo legittima o sia stata messa in liquidazione la società (art. 2473, comma 6). Non si tratta dunque di un accordo preso con la società bensì di una dichiarazione unilaterale del socio contraente.

Il terzo comma dell’art. 2473 c.c. riconosce il diritto del socio receduto alla liquidazione della quota nelle seguenti modalità:

“I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale. Esso a tal fine è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso; in caso di disaccordo la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente; si applica in tal caso il primo comma dell’articolo 1349″.

Il quarto comma dell’articolo 2473 c.c. stabilisce che:

“Il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso deve essere eseguito entro centottanta giorni dalla comunicazione del medesimo fatta alla società. Esso può avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci proporzionalmente alle loro partecipazioni oppure da parte di un terzo concordemente individuato da soci medesimi”. 

Se la liquidazione della quota avviene tramite cessione della stessa agli altri soci o ad un terzo si deve porre un vero e proprio negozio di cessione sottoscritto dal cedente e dal cessionario. La dottrina è divisa sul soggetto legittimato alla vendita della partecipazione. C’è chi sostiene spetti all’amministratore, chi, avendo la meglio, al socio recedente. Attraverso il Notaio o il Dottore Commercialista, l’atto di cessione verrà depositato presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è situata la sede sociale entro trenta giorni ai sensi dell’articolo 2470. secondo comma, c.c.

La quota può essere rimborsata anche usufruendo delle riserve disponibili lasciando il capitale invariato e accrescendo proporzionalmente la partecipazione degli altri soci con quella del socio recedente. In ogni caso, ai sensi dell’art. 2474 c.c., la quota non può essere acquistata dalla società vigendone il divieto.

Se non ci sono riserve disponibili la quota può essere liquidata riducendo il capitale sociale. In tal caso “si applica l’articolo 2482 e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione”.

 

 

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