Gli atti di donazione nel fallimento


Gli atti   di donazione, di istituzione di trust (e qualsiasi altro atto a titolo gratuito) posti in essere nei due anni anteriori al fallimento sono inefficaci ex lege e conseguentemente risucchiati nella massa fallimentare   mediante la semplice «trascrizione» della sentenza di fallimento (e cioè l’inserimento della sentenza di fallimento in un pubblico registro) È quanto dispone   il comma 2 dell’articolo 64 della legge fallimentare introdotto dalla legge di conversione (la 132/2015) mediante l’aggiunta del comma 1-bis all’articolo 6 del decreto legge 83/2015.vigente dal 21 agosto scorso.

In passato , nel vigore della disciplina anteriore, questi atti erano bensì inefficaci nei confronti del fallimento (articolo 64, comma 1 della legge fallimentare), ma occorreva comunque, per essere acquisiti dal fallimento, che l’inefficacia fosse dichiarata mediante una sentenza di accertamento. Nel periodo intercorrente tra la data dell’atto gratuito e il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento dell’inefficacia, il terzo acquirente di buona fede di un bene immobile poteva dunque effettuare un acquisto assolutamente opponibile al fallimento (articolo 2901, comma 4 del Codice civile) se tale acquisto fosse stato trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale di accertamento dell’inefficacia .

Attualmente, invece, alla dichiarazione di inefficacia, si può giungere immediatamente mediante la «trascrizione» della sentenza dichiarativa di fallimento alla quale può provvedere il curatore.  Effettuata questa pubblicità, i beni vengono dunque immediatamente sottratti al donatario, al trustee o al vincolo di destinazione e divengono parte del perimetro delle sostanze che costituiscono la massa fallimentare. In sostanza, bypassando la fase giurisdizionale volta all’accertamento dell’inefficacia di cui all’articolo 64, comma 1 della legge fallimentare, diminuiscono di molto il tempo e la fatica che il curatore deve impiegare per comporre la massa fallimentare dalla cui vendita si ricavano le risorse per pagare i creditori del soggetto fallito. È peraltro pur sempre prevista la possibilità dell’interessato (ad esempio, un trustee che intenda dimostrare la natura non gratuita dell’atto di donazione compiuto dal fallito) di proporre reclamo avverso questa trascrizione della sentenza di fallimento, e ciò a norma dell’articolo 36 della legge fallimentare, il quale appunto disciplina il reclamo contro gli atti del curatore.

La norma in questione solleva, a una prima lettura, almeno due problemi. Innanzitutto c’è da considerare che essa parla genericamente di «trascrizione», senza specificare quale sia il pubblico registro nel quale tale formalità debba essere compiuta. Questo vuoto probabilmente va riempito con il riferimento al pubblico registro nel quale viene introdotto l’atto che la legge proclama inefficace: e così, i registri immobiliari, se si tratta della donazione di un immobile, il registro automobilistico, se si tratta del vincolo di destinazione inerente un automezzo, e i registri aereonautico e navale se si tratta di un trust inerente natanti o aeromobili. Non pare infatti plausibile che una donazione di una nave sia qualificabile come inefficace per effetto della trascrizione che della sentenza di fallimento sia fatta nei registri immobiliari (e ciò sia che il soggetto fallito fosse proprietario di immobili, sia che non lo fosse); e da questa considerazione pare dover anche derivare l’osservazione secondo cui la trascrizione della sentenza di fallimento, per ottenere questo nuovo effetto di accertamento dell’inefficacia dell’atto gratuito posto in essere dal fallito, non può che essere effettuata presso l’ufficio nel quale è pubblicato l’atto di cui si deve accertare l’inefficacia. In altri termini, è di tutta evidenza che dalla trascrizione di una sentenza nei registri immobiliari di Napoli non può derivare l’inefficacia di una donazione di  un immobile sito in Torino.

Il secondo dilemma inerisce gli atti a titolo gratuito aventi a oggetto beni non registrati: si pensi alla donazione di una somma di denaro o di un quadro di valore. Il tenore letterale della norma potrebbe in effetti condurre anche a una sua interpretazione estensiva (nel senso cioè di ritenere la donazione del denaro o del quadro messa nel nulla dal fatto che nei registri immobiliari sia trascritta la sentenza di fallimento, in quanto il fallito fosse proprietario di immobili o avesse donato un immobile nei due anni anteriori al fallimento).

Commenti

Post popolari in questo blog

Novità al codice della crisi d'impresa (il Decreto correttivo al Codice della crisi d'impresa)

La continutà aziendale fondamentale per evitare la crisi d'impresa

L’OCC quali sono i confini dei loro poteri e doveri