Principi espressi dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite: Ordinanza 8504/2021

Con l’ordinanza n. 8504/2021 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sul regolamento preventivo di giurisdizione promosso dall’Agenzia delle Entrate in relazione ad una controversia avente ad oggetto l’impugnazione del diniego alla transazione fiscale opposto dall’Ufficio nell’ambito di un accordo per la ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F.

Nonostante l’ordinanza si riferisca ai giudizi promossi prima delle modifiche alla legge fallimentare introdotte dalla L. 159/2021, vengono espressi principi utili per dirimere alcune questioni interpretative relative la transazione fiscale e contributiva anche alla luce dell’entrate in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Criteri interpretativi

Facendo riferimento alla precedente sentenza n. 12476/2020 la Corte esclude la diretta applicabilità delle disposizioni del CCII alle procedure aperte anteriormente alla sua entrata in vigore; tuttavia afferma che tali disposizioni rappresentano un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare «se (e solo se) si potesse configurare – nello specifico segmento – un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro». In assenza di una tale possibilità di comparazione la decisione è fondata sul principio della perpetuatio jurisdictionis sancito dall’art. 5 c.p.c., che stabilisce espressamente che: “la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo” (Cass. n. 21523/2016).

Continuità nella disciplina della transazione fiscale 

Con riferimento alla transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti (ma così è anche per il concordato preventivo), vi è sostanziale continuità di disciplina tra la disciplina della legge fallimentare e quella contenuta nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza «presentando varianti di disciplina secondarie e che comunque non incidono sul profilo dell’istituto che qui interessa ossia sulla soluzione della questione di giurisdizione oggetto di questo giudizio». Pertanto, la nuova disciplina del CCII può essere utilmente impiegata come elemento di valutazione ermeneutica di quella contenuta nella legge fallimentare.

Impugnabilità del diniego 

Nella legge fallimentare non vi sono previsioni dalle quali possa desumersi un’indicazione - univocamente interpretabile - relativa all’impugnabilità della mancata adesione alla proposta di transazione fiscale ed alla conseguente giurisdizione compulsabile. Si ricorda che l’Agenzia delle Entrate con la C.M. 6 maggio 2015 n. 19/E escludeva l’impugnabilità del diniego, affermando la natura endoprocedimentale della transazione fiscale nell’ambito della procedura di concordato preventivo e di quella degli accordi di ristrutturazione dei debiti. La Corte osserva che stante il carattere obbligatorio della transazione fiscale si profila l’esigenza di bilanciare i due interessi contrapposti delle parti, così l’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione finanziaria nello stipulare accordi transattivi concorsuali è bilanciata dal sindacato giudiziale sul diniego di accettazione della proposta transattiva. Viene, quindi, indubitabilmente ammessa l’impugnazione del diniego opposto dall’Amministrazione finanziaria o dall’Ente previdenziale alla proposta concordataria o all’accordo di ristrutturazione dei debiti.

Natura «concorsuale» della transazione fiscale a configurazione dell’istituto è «transitata sostanzialmente immutata nelle disposizioni del CCII e nella novella anticipatrice del dicembre 2020, (…) la seconda può essere utilmente impiegata come elemento di valutazione ermeneutica della prima» per dirimere la questione della giurisdizione con riferimento ai giudizi instaurati ante 4 dicembre 2020, in considerazione della unificante ratio legis, sancita dal comune tratto della obbligatorietà della proposta transattiva, da ricercare «non nell’interesse fiscale che è la ‘causa prima’ dell’obbligazione tributaria (…), bensì nell’interesse concorsuale che è invece la ‘ragione fondativa’ delle procedure concordatarie ed assimilabili», sempre più mirate alla conservazione dell’attività d’impresa e del relativo complesso aziendale.

Competenza del giudice ordinario 

Nella transazione fiscale prevale la ratio concorsuale su quella fiscale dell’istituto in esame, nel senso che questo incidente tributario è essenzialmente - finalizzato alla definizione concordataria o di ristrutturazione debitoria della crisi di impresa. La scelta normativa introdotta dalla L. 159/2020 e dal CCII di rimettere al tribunale la decisione sulla convenienza della proposta in caso di mancata adesione dell’amministrazione finanziaria indirizza in modo marcato la questione della mancata adesione alla proposta di transazione da parte dell’agenzia fiscale verso la competenza giurisdizionale di merito del tribunale fallimentare, collocando ancor più chiaramente l’istituto de quo all’interno delle procedure concorsuali ed alle loro, peculiari, finalità, piuttosto che nell’ambito delle procedure di attuazione dei tributi.

Riparto di giurisdizione con il giudice tributario L’art. 90, D.P.R. 602/1973 [CFF 2 7290] stabilisce in materia di concordato che «se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è comunque inserito in via provvisoria nell’elenco ai fini previsti del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 176, comma 1 e art. 181, comma 3, primo periodo». Pertanto, per i profili eminentemente concorsuali del trattamento dei debiti tributari (nel concordato preventivo e nell’accordo di ristrutturazione dei debiti) è competente il giudice ordinario (fallimentare), mentre per i profili tributari rimane ferma la giurisdizione del giudice tributario. La previsione di un accantonamento delle somme in caso di contestazioni costituisce un rimedio pratico volto ad evitare conflitti di pronunce e vuoti di tutela nel caso di controversia insorgenda (a conseguenza delle certificazioni amministrative di cui si è detto ovvero dell’emanazione di atti impositivi/della riscossione) ovvero insorta (liti pendenti).

Tratto dal sito del Il Sole 24 ore

Commenti

Post popolari in questo blog

Novità al codice della crisi d'impresa (il Decreto correttivo al Codice della crisi d'impresa)

La continutà aziendale fondamentale per evitare la crisi d'impresa

L’OCC quali sono i confini dei loro poteri e doveri