Il Concordato nella Liquidazione Giudiziale: Analisi della normativa vigente
Il Concordato nella Liquidazione Giudiziale rappresenta una delle novità introdotte dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (CCII), sostituendo il vecchio Concordato fallimentare. Questo istituto è regolato dal capo VII del titolo V del CCII, introdotto dal d.lgs. n. 14/2019 e successivamente modificato da interventi normativi come il d.lgs. n. 147/2020, il d.l. n. 41/2021 (convertito in l. n. 69/2021), il d.l. n. 118/2021, il d.lgs. n. 193/2021 e il d.lgs. n. 83/2022. Con il nuovo Concordato, l’obiettivo di fondo del legislatore è stato quello di rendere questo strumento più flessibile e adatto alle esigenze di creditori e debitori, garantendo trasparenza e tutela degli interessi collettivi.
La proposta di Concordato: soggetti ammessi e novità principali
La disciplina della proposta di Concordato, contenuta negli articoli 240 e seguenti del CCII, si rifà in gran parte a quella prevista dall’art. 124 della vecchia legge fallimentare. Tuttavia, introduce alcune importanti innovazioni. Innanzitutto la proposta può essere avanzata subito non solo dai creditori, ma anche da terzi estranei alla procedura, a condizione che il curatore abbia già predisposto un elenco provvisorio dei creditori basandosi sulle scritture contabili dell’impresa. Questo elenco, approvato dal giudice delegato, rappresenta un prerequisito essenziale. Si sottolinea che per poter accedere al Concordato, il Curatore acquisisce un ruolo chiave quando sono i creditori e terzi ad avanzare la proposta. Il compito di predisporre un elenco dei creditori può sembrare un compito di facile realizzazione ma può diventare con la stessa facilità un compito ostico quando la ricostruzione della contabilità e della sua attendibilità diviene faticoso.
Altresì il debitore e le società collegate (partecipate, controllate o sottoposte a comune controllo) possono proporre un Concordato solo dopo un anno dall’apertura della procedura di Liquidazione Giudiziale e non oltre due anni dall’esecutività dello stato passivo. Rimane quindi invariata la finestra temporale già prevista dalla legge fallimentare per le proposte dei debitori.
Una novità significante riguarda l’obbligo, per il debitore o per le società collegate che propongono il Concordato, di apportare risorse aggiuntive che incrementino il valore dell’attivo almeno del 10%. Questo vincolo è stato introdotto per garantire una maggiore soddisfazione dei creditori. Tuttavia, l’applicazione pratica di questa regola ha generato dibattiti interpretativi, in particolare sul metodo di calcolo. Il Calcolo del 10% deve essere parametrato a quale Delta? Inoltre si sono avute discussi se il requisito del 10% debba riferirsi all’incremento delle risorse destinate ai creditori chirografari o alla loro garanzia di una soddisfazione minima.
A chi scrive pare ovvio che per arrivare ad un equilibrio tra fattibilità del Piano e soddisfazione dei creditori il requisito del 10% debba rifarsi ad un aumento delle risorse finanziarie destinate ai chirografari rispetto ad un valore di soddisfazione minima che imporrebbe requisiti più rigidi, con un impatto significativo sul fabbisogno di risorse esterne, risultando spesso difficilmente applicabile nella pratica.
Contenuto della proposta di Concordato
La proposta di Concordato può prevedere la suddivisione dei creditori in classi omogenee, con trattamenti differenziati tra le classi, purché ne siano chiarite le motivazioni. Sono ammesse diverse forme di soddisfacimento dei crediti, come cessioni di beni, accolli, emissione di strumenti finanziari o attribuzioni di partecipazioni societarie. Rimane invariato il principio della discrezionalità nella formazione delle classi, salvo casi specifici come la presenza di obbligazioni o strumenti finanziari che richiedono l’inserimento in una classe dedicata. Non è prevista una percentuale minima obbligatoria per i creditori, ma la giurisprudenza ha stabilito che la proposta deve indicare in modo chiaro e determinabile la percentuale di soddisfazione offerta, senza lasciare margini di incertezza o condizioni potestative.
Inoltre, la proposta può essere modificata o revocata, anche se i termini entro cui esercitare queste facoltà dipendono dalla natura giuridica attribuita al Concordato: contrattualistica o pubblicistica. Le modifiche migliorative sono ammissibili fino all’omologazione, mentre le modifiche peggiorative seguono criteri più restrittivi.
Una particolare forma di Concordato, già riconosciuta in passato e ora codificata all’art. 240 CCII, è quella per cessione dei beni ai creditori. Questa prevede che i beni acquisiti alla Liquidazione vengano abbandonati ai creditori, offrendo un’immediata realizzazione delle attività senza le complessità e i costi della procedura.
Procedura di approvazione e omologazione
La procedura concordataria segue le linee della vecchia normativa, richiedendo il parere favorevole del comitato dei creditori. Se questo organo non è operativo, il giudice delegato può sostituirsi a esso. La novità principale riguarda l’esclusione dal voto dei creditori in conflitto di interessi, come specificato all’art. 243 CCII. Questo principio era già stato affermato dalla giurisprudenza (Cass., sez. un., 28 giugno 2018, n. 17186) e ora è recepito nel Codice.
Inoltre, i soggetti in conflitto di interessi – come il creditore proponente o le società collegate – possono votare solo se la proposta prevede il loro inserimento in una classe specifica. L’approvazione del Concordato, regolata dall’art. 244 CCII, segue regole consolidate, confermando il silenzio assenso per i creditori che non esprimono un voto contrario.
Il giudizio di omologazione, disciplinato dagli articoli 245-247 CCII, non presenta sostanziali modifiche rispetto alla vecchia normativa. In caso di opposizione da parte di un creditore dissenziente, il tribunale deve valutare la convenienza della proposta rispetto ai risultati attesi dalla Liquidazione Giudiziale. Il decreto di omologazione è impugnabile in Corte d’appello solo se vi sono opposizioni, con ulteriori possibilità di ricorso in Cassazione.
Effetti, esecuzione e risoluzione del Concordato
Gli effetti e l’esecuzione del Concordato seguono i principi già previsti dalla legge fallimentare. Analogamente, le cause di risoluzione (per inadempimento) o annullamento (per dolo) rimangono invariate. Anche in questi casi, la riapertura della Liquidazione Giudiziale richiede la nomina di un nuovo curatore e giudice delegato, con termini abbreviati per le insinuazioni al passivo.
Conclusioni
Il Concordato nella Liquidazione Giudiziale, pur essendo un’evoluzione del Concordato fallimentare, ne mantiene la struttura e le finalità principali. Si tratta di uno strumento di natura privatistica che permette di chiudere la Liquidazione Giudiziale offrendo una soluzione alternativa e condivisa tra debitori e creditori. Le modifiche introdotte mirano a rafforzarne l’efficacia e la trasparenza, favorendo una gestione più equilibrata degli interessi coinvolti e rendendo l’istituto più adatto alle sfide dell’attuale contesto economico.
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